Real News is no News

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È un inizio estate anomalo a Hollywood, fatto di nebbie mattutine e terremoti giornalieri a salutare il lungo weekend del quattro luglio, evento di frequenza settennale, perché i ponti in California non esistono salvo quando si possono assimilare all’unico ponte “istituzionale” quello di Thanksgiving. Ancora più anomale le notizie passate alquanto in secondo piano sia nei trades, le riviste del business e dello spettacolo, che nella stampa tradizionale.

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Andiamo per ordine: da aprile tutte le agenzie di talent (riunite in una associazione di categoria la ATA) sono state boicottate dal potentissimo sindacato degli autori: il Writer’s Guild of America, i cui quindicimila e passa iscritti non utilizzano più le agenzie (che sono l’unico canale per arrivare ai grandi studios) per proporre o vendere sceneggiature, soggetti e concetti (mai idee, perché quelle a Hollywood le rubano giornalmente!).

La tenzone si riferisce ai packaging fees, cioè commissioni derivate da altro talent nel film prodotto sulla sceneggiatura del cliente.
L’esempio (ipotetico, non reale) è complicato ma vale la pena farlo. Ipotizziamo che la famosa Creative Artists Agency rappresenti un noto scrittore e convinca un grande regista come Paolo Sorrentino ad affiancarlo nel progetto di un film, Sorrentino accetta perché la sceneggiatura è di grande valore. In questo caso Creative Artists non solo non versa nulla all’autore che Sorrentino ha scelto di affiancare, ma si fa pagare, da Sorrentino e dai produttori, commissioni che saranno molto più alte rispetto a quelle che l’ipotetico autore ha corrisposto.

Le agenzie hanno anche iniziato ad operare come società di produzione, creando un conflitto di interesse enorme per i loro stessi clienti quale progetto consiglierà un agente? quello della casa di produzione di cui lui è comproprietario, o quello di un altro?

Il risultato è stato il blocco creativo totale simile a quello del 2008 che vide una stagione televisiva monca e la difficoltà ad assegnare premi televisivi quali gli Emmy.

La sede della Creative Artists Agency a Los Angeles

La sede della Creative Artists Agency a Los Angeles

Ma qualcosa si è mosso. Già a metà maggio un paio di piccole agenzie si sono staccate dal gruppo e, come risposta, le tre grandi agenzie Creative Artists, William Morris Endeavor, e United Talent Artists hanno deciso di far causa al sindacato WGA per violazione delle temibili norme anti trust.
Questo ha portato un’altra agenzia ma di media dimensione, la Abrams Artist Agency, a rompere i ranghi, e ciò potrebbe portare il tribunale ad ordinare un arbitrato prolungando i tempi del boicottaggio, ma accorciandoli in relazione all'anno e più che prenderà una causa.

Gli studios hanno iniziato a guardare oltre a scrittori non sindacalizzati come fonte di nuove idee creative, anche perché siamo nell’era di Amazon e Netflix, a cui non importa nulla dei sindacati o delle associazioni di categoria, ma per i quali quello che conta è spendere a più non posso per i contenuti. Sarebbe un terremoto nell’ambito del sistema Hollywood paragonabile a quello di Netflix vincitrice di un Oscar con un film che è stato visto da meno persone al cinema di un documentario in finlandese con sottotitoli. Forse per questo tutti tacciono compresa la stampa specializzata.

Spacey ed uno dei suoi accusatori Anthony Rapp

Spacey ed uno dei suoi accusatori Anthony Rapp

Stampa specializzata che ha dato risalto limitato ad una notizia di ben altra portata: Kevin Spacey, accusato di violenza su un 18enne, ha raggiunto un accordo transattivo con la sua vittima che ha ritirato la causa. Tutti si sono affrettati (come con Harvey Weinstein e l’archiviazione di due delle tre denunce per violenza) a osservare, con mille “ma”, che c’è una denuncia penale, che Spacey ha solo transatto ma l’accusatore non lo ho scagionato, eccetera eccetera.

Eppure il “ma” più importante è ben altro. Vale a dire che non c’è nessun bisogno di fare altro, perché in USA è molto più difficile la prova al di là del mitico “ragionevole dubbio” che in una semplice causa civile, e che dunque se l’accusa faceva acqua nella causa civile, figurarsi in quella penale.

Come, un grande “ma”, esiste sul cosa accadrà se Spacey venisse completamente scagionato.

Si accontenterà di rientrare nel giro (i fan di House of Cards possono ben sperare), o farà partire una serie di azioni legali contro tutti dato che in USA si è innocenti fino a prova contraria, ma Hollywood pare godere di una sua extraterritorialità?

L’estate (che finisce non in settembre, ma a Venezia con un festival che vuole tentare e meriterebbe il sorpasso sul decotto Cannes) è ancora lunga, e ci saranno sicuramente altre no news di cui parlare.