Da Venezia alle Montagne Rocciose

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Dopo le polemiche pre-apertura a Venezia, le scuse per aver detto le cose come stavano della presidente della giuria Lucrecia Martel (e la minaccia dei produttori di ritirare il film di Polanski J’Accuse), Venezia va avanti, chiaramente non particolarmente amata, e Hollywood già guarda al Festival di Telluride, sconosciuta cittadina del Colorado che ospita, contemporaneamente al festival lagunare, una rassegna che improvvisamente è assurta al ruolo di barometro per la award season che inizia con gli Emmy della televisione il prossimo 22 settembre.

Perché non Venezia? Primo perché non è in America, e per gli americani vale “what plays in Peoria”, la città più nella media degli USA.

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E poi Venezia sa molto di splendore europeo in decadenza.

Sono sempre più bravi i francesi a trasmettere il concetto di joie de vivre sofisticata alla Brigitte Bardot a Cannes, mentre la nostra Dolce Vita ha sempre un qualcosa di cialtronesco, proprio come Mastroianni nelle indimenticabili sequenze del capolavoro di Fellini.

Telluride sa di nuova economia young Hollywood ed un aeroporto da brivido quando si atterra che mette dell’umore giusto.

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Film diversissimi nelle due rassegne e star naturalmente di rilievo al Lido: da Brad Pitt-Big Jim in maglietta aderente con Ad Astra centro dell’attenzione, a Joaquin Phoenix che ha superato sé stesso in Joker, alla timida concessione alla presenza femminile con The Perfect Candidate della saudita Aifa Al-Mansoor già famosa per Wadjda (storia di una ragazzina che vuole comprarsi una bicletta in Arabia, sapendo che non potrà mai andarci in pubblico, essendo proibito per le ragazze e le donne andare in bici).

Naturalmente tutti parlano di The Laundromat sui Panama Papers con le mega star Antonio Banderas e Meryl Streep, prodotto da Netflix ma distribuito in molte più sale che Roma, proprio per puntare all’Oscar “vero”, cioè miglior film.

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Tutt’altra musica a Telluride, dove manca il red carpet (anche se i badge per i “founder” costano 5000 dollari) e si guardano prodotti sofisticati principalmente americani sono in competizione per distributori e per creare un buzz, fermento su film indipendenti (o meglio pseudo tali).

Tra questi spicca il noir Motherless Brooklyn, oltre al più sentito Ford contro Ferrari, il terzo progetto su Maranello che ha girato tra i produttori di Hollywood, l’unico che sia diventato un film, l’unico che parla di Ferrari in chiave americana, ma anche con attori italiani di talento. Oltre a Christian Bale e Matt Damon troviamo infatti i nostri Remo Girone e Corrado Invernizzi, ed il quasi esordiente Francesco Bauco, che recita la parte del compianto Lorenzo Bandini, vincitore della 24 Ore di Daytona proprio con Ferrari.

Non mancano le star anche nelle montagne del Colorado. Da Martin Scorsese, che spinge il suo The Irishman prodotto da Netflix e che avrà una prima mondiale a fine mese (buona idea non presentarsi in Veneto a parlare delle solite storie mafiose, che siano capolavori o meno), a Matt Damon, alla grande Renee Zellwegger.

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Questa, dei tempi di Bridget Jones ha solo la fronte corrucciata, mentre il resto è sparito in un probabile, perfetto, lifting, che però le ha cambiato i connotati.

I vincitori verranno annunciati presto: si prevede un grande confronto tra l’America dalle spalle larghe del Colorado e la bomboniera sulla laguna.