Burning Man o Venezia?

Pochi hanno il dono dell’ubiquità e, nel fine agosto più freddo e nebbioso degli ultimi dieci anni a Hollywood, si è combattuti su se andare a sballarsi per una settimana nel nulla al festival “neo hippy” Burning Man, o se cominciare a pensare a cosa mettersi per Venezia che, dopo una Cannes assai poco convincente, è ora bersagliata dal politically correct per l’annunciato debutto dell’ultimo film di Roman Polanski: che comunque sarà assente in quanto la giustizia italiana, a differenza di quella francese, lo consegnerebbe immediatamente agli americani.

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Cosa è Burning Man ormai lo sanno in molti.

Nel deserto del Nevada a 300 km a Nord Est di San Francisco, per una settimana, in agosto (quando le temperature nel Great Basin arrivano tranquillamente a 40 gradi), migliaia di persone si danno appuntamento per un festival musico-culturale alternativo un po’ Woodstock un po’ Berkeley anni ‘60. E poi, un’occasione per farsi di qualsiasi cosa. Tutto culmina il 2 settembre quando un gigantesco fantoccio, The Man, sarà bruciato a segnare la fine dell’happening (perché non è solo un festival).

In realtà Burning Man nasce negli anni ottanta proprio a San Francisco dove un paio di hippy decidono di farsi su una spiaggia vicino alla città nel giorno del solstizio d’estate, bruciando un pupazzo che avevano costruito prima ed alto tre metri (unico modo per non soffrire un freddo impossibile dato che giugno è sempre nebbioso con temperature tra i 12 e 20 gradi massimo in quella zona!).

Da cosa nasce cosa e nel 1991 il rituale è ormai diventato un festival musicale culturale di sballo psichedelico. Dopo una serie di incidenti con la polizia e i pompieri della metropoli californiana, tutto si sposta in un tratto di deserto a oltre cento chilometri dall’autostrada più vicina, dove il governo federale concede un permesso per il festival che si trasforma in una vera e propria città temporanea costruita dall'inizio estate e che nel 2018 è arrivata ad ospitare cinquantamila persone una più bizzarra dell’altra.

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Burning Man non è solo musica (tecno house, elettronica e trance) e qualche grande nome tipo Stockholm Syndrome e (nel dipartimento vintage)New Order, è soprattutto un’esperienza tra il bizzarro, mistico, trascendentale, allucinato.

Soprattutto richiede l’uso di droghe di ogni genere (principalmente ecstasy e i suoi derivati), altrimenti è un po’ come andare a vedere un film che ha vinto un Oscar ed essere ciechi o sordi.

Ma nonostante il carattere egalitario, a regole improntate a social responsibility e vivi e lascia vivere che il comitato di Burning Man pubblicizza, si parla di pacchetti VIP da 20 mila dollari. Anche se l’ingresso costa meno di 500 dollari, ma solo con un camper si può pensare di sopravvivere. Le semplici tende, che i puristi ancora usano, nonostante le temperature assurde, sono da evitare. Eppure, come a Coachella, esistono campeggi VIP per chi arriva in aereo (la città provvisoria di Black Rock ha un aeroporto per piccoli aerei da turismo!) e tra gli hippy, i fattoni, i radical intellettuali, si nascondono (ma neanche tanto) molte celebrities del presente (Miley Cyrus ci sarà di sicuro, nel mezzo della sua campagna mediatica per reinventarsi dopo un matrimonio lampo) e del passato (Paris Hilton verrà per la decima volta, pare)ed i vari Mark Zuckerberg o Elon Musk saranno ospiti in tendopoli di lusso da fare invidia a Gheddafi, dove il costo per un weekend si avvicina ai due milioni di dollari.

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Ma tutto ha una fine, e a Burning Man ancora di più, perché pervade tutto il feeling che la fine del mondo (esemplificata dalla vita di tutti i giorni a cui il novantanove percento dei suoi partecipanti tornerà ) sia vicina, culmina nel rituale pagano dell’incendio nel tempio dove la statua di legno di The Man alta dieci metri finirà in cenere il 2 settembre.

Di film su Burning man ne sono usciti a decine, e il più carino è forse il documentario Spark: A Burning Man Story: sono accomunati da un gap enorme tra quanto sia interessante quello che si vede sullo schermo (l’organizzazione del festival), e quello che chi ha partecipato a Burning Man dice essere l’happening, vale a dire un’esperienza mistica, che un altro film recentissimo Ignite cerca di comunicare con la musica.

Ciò significa che evidentemente gli stupefacenti sono un ingrediente fondamentale quanto la musica, gli artisti e l’atmosfera hippie del deserto del Nevada.

Prepariamoci per Venezia che è tutt’altro che un happening di hippy e per le reazioni a Polanski e non solo!