The Harvey Before Christmas
Il giudice Burke non ha fatto regali di Natale ad Harvey Weinstein. Nonostante una salva di istanze, mozioni, udienze e argomentazioni, il procedimento indiziario (siamo ancora lontani dal processo con la giuria a cui comunque in USA ha diritto anche chi non paga le fatture ai fornitori!) contro Harvey Weinstein continua.
Le accusatrici davanti al tribunale penale di New York City (un posticino così elegante e arioso da far sembrare il Palazzo di Giustizia di Milano l’Hotel Ritz) sono rimaste in due su tre.
Infatti, la denuncia della terza accusatrice era stata archiviata dopo la scoperta che il detective incaricato dell’indagine aveva fatto sparire il colloquio con una testimone che scagionava l’ex Tycoon di Hollywood. Lui, caricatura di quello che era, curvo e con la barba sfatta, incravattato come un “middle manager”, non ha proferito parola.
L’avvocato mastino Ben Brafman, che ricorda il “Capo di tutti i capi” mafioso John Gotti ed è complementare nel look e nei modi (di un tempo) al suo cliente, sta facendo bene. Le accusatrici sono decine, eppure solo due hanno portato abbastanza prove alla polizia e al procuratore distrettuale da poter far scattare l’indictment penale del Gran Giurì (naturalmente a decine si sono presentate al tribunale civile perché dalla causa penale è molto più difficile ottenere risarcimenti milionari).
Poi non è detto che, almeno su una delle altre due, Brafman riesca a far archiviare il caso all’accusa, dato che da questo momento la magica formula della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio guiderà le scelte del procuratore e la difesa di Harvey (nella fase indiziaria basta che vi sia possibilità di colpevolezza al 50%).
Ma una cosa che è riuscito a fare Brafman fa ancora più notizia. Harvey non ha fatto notizia.
A parte il tabloid New York Post e i trades (testate specializzate) di Hollywood nessuno si è filato nulla tra le notizia principali, e il New York Times (che con il New Yorker ha sollevato lo scandalo Weinstein quattordici mesi fa e ha aperto il fronte del metoo) ha dato la notizia per pochi minuti come Breaking News, per poi relegarla tra le notizie locali, sorpassata dalle uscite di Trump sul muro al confine con il Messico (“il presidente sta mentendo, non è più un muro sarà una barriera di acciaio”) e dalla più importante inchiesta sulle case popolari di New York rimaste senza riscaldamento da mesi.
Ed in presenza di Marissa Tomei (una star, senza dubbio), Amber Tamblyn, la presidente del movimento Time is up, che ha 22 milioni di dollari in cassa attraverso il potentissimo Women Legal Defense Fund, e ha assistito migliaia di donne oggetto di molestie sul luogo di lavoro meno di glamour ma altrettanto meritevoli di far notizia (diversamente da quanto avvenga con le molestie a Hollywood) ha detto qualcosa di estremamente significativo: this is a small victory.
Non dovrebbe essere certo così: tre anni fa il procuratore distrettuale di New York (lo stesso ufficio che rappresenta l’accusa oggi) si rifiutò di fare alcunché dopo che Harvey era stato sorpreso (con tanto di registrazione ottenuta dalla polizia grazie alla collaborazione con la potenziale vittima) a cercare di molestare un’Olgettina o aspirante tale (evidentemente valeva meno delle wannabe americane che hanno accusato l’ex Sultano dei produttori di Hollywood). Oggi, dopo la liquidazione della sua società smembrata dai fondi avvoltoi, con la Lantern Entertainment che si è accaparrata il boccone più ghiotto, la raccolta di film e dei loro diritti di ritrasmissione per 239 milioni di dollari (vendita chiusa a luglio), di Harvey e del suo apparato di potere non resta che l’ombra malinconica nei tetri corridoi del tribunale penale.
E come tutto ciò che non porta cassa, a Hollywood il burattinaio di centinaia di attrici e attricette (per una ragione che sfugge: effettivamente procurava film, denaro e fama almeno abbastanza per poter fare i comodi suoi per anni) non fa più notizia.
Torniamo ad occuparci del riscaldamento nelle case popolari, perché almeno i loro inquini ottengano una big victory.