Hollywood Foreign End
In sordina, quasi non facesse notizia, la Hollywood Foreign Press Association o HFPA, l’organizzazione che ha creato i Golden Globes negli anni ‘40 e che era a malapena sopravvissuta a pandemia e scandali sull’onda di Black Lives Matter, compresa la cancellazione del lucrosissimo contratto con la NBC nel 2022, non esiste più. E pochi se ne sono accorti, forse perché i Golden Globes continueranno, ma come organizzazione for profit, mentre il tesoretto (anzi, tesorone) dell’associazione finirà in una non-profit separata, che si occuperà di beneficienza nel mondo del cinema senza nessun legame con il premio, gestito invece come un business.
Non è una sorpresa perché il fondo Eldridge aveva già abbondantemente preannunciato la chiusura della HFPA nel 2023, quando i Globes erano stati riammessi al prime time della NBC dopo un anno di purgatorio nel 2022 ed una trasmissione ridottissima nel 2021 (per dimensioni e spettatori) a causa della pandemia. Non è stato confermato chi farà parte della giuria, ma i membri della HFPA sono ora trecentodieci, contro i novantacinque dei “bei tempi”. Questi membri riceveranno uno stipendio di 75 mila dollari l’anno per i prossimi cinque anni, per promuovere i Globes.
Non è chiaro se (essendo dipendenti e non più giornalisti freelance) i giurati possano continuare a fare interviste e junket (presentazioni di film a giornalisti spesso contrassegnati da buffet faraonici dove la gente portava da mangiare a casa nei doggy bag), se non sotto strettissimo controllo.
Con poche eccezioni, invece, non sarà problematico un eventuale divieto di pubblicare per testate straniere: la maggioranza dei membri della HFPA (almeno fino al cambio della guardia con il fondo Eldridge) non scriveva per nessuno, per testate ormai chiuse da decadi, o per i defunti magazine delle linee aeree: uno dei membri fu denunciato da Drew Barrymore che aveva “intervistato” per la rivista di bordo della Egypt Air. Peccato che l’intervista fosse stata inventata.
La HFPA nasce nel 1943 come sorta di circolo dei giornalisti stranieri, allora una manciata, che seguivano Hollywood e che chissà come erano finiti a L.A. (in maggioranza aspiranti attori che sbarcavano il lunario in mille modi, cosa che rimase nella “tradizione” della associazione per molti anni a venire).
La HFPA “svolta” negli anni sessanta quando la NBC inizia a trasmettere la diretta dei premi dall’Hotel Beverly Hilton. Ma negli anni settanta scoppia il primo scandalo, quando viene scoperto che alcune delle star avevano partecipato sapendo di ricevere un premio.
Ma lo scalpore continua negli anni ottanta. In occasione dei premi del1982 Pia Zadora, attrice di dubbio talento ma di grande avvenenza, vince un Globe con il film Butterfly. Al di là del giudizio del New York Times (“spettacolarmente inetta come attrice”) si scoprì che il marito, il produttore israeliano Meshulam Riklis, aveva pagato dei giurati e aveva architettato una campagna pubblicitaria tale da influenzare l’associazione.
Da quel momento gli scandali vennero scanditi su base quasi annuale, ma poco importava alla famosa Dick Clark Productions, che nel 1993 acquistò i diritti di trasmissione esclusiva e li vendette alla NBC, con un contratto perpetuo che, nessuno lo poteva immaginare allora, segnò l’inizio della fine.
Fu quella l’età d’oro del premio, ed anche di Harvey Weinstein, che comprese il legame tra gli Oscar ed i Globes, dovuto al fatto che i quasi diecimila votanti dell’Academy of Motion Pictures, in molti casi, non andassero al cinema da decadi, e che si affidassero ai risultati dei Globes per scegliere i premiati agli Oscar. Naturalmente Harvey dispensò favori ed anatemi, successo e liste nere, lasciando la sua impronta sull’associazione, tanto che persino nell’anno della caduta, il 2017, nessuno esitò a premiare Sylvester Stallone, anche se boicottato a causa di accuse di molestie molto pesanti.
L’apparente inscalfibilità della HFPA creò situazioni paradossali. Nessuno poteva indagare se giornalisti “sospetti” di non scrivere da anni fossero degli imbroglioni ex-wannabe degli anni cinquanta, pena il boicottaggio degli studios. Perfetti sconosciuti con gli agganci giusti (o fidanzati/e giusti nella associazione) tutto potevano e venivano coccolati dalle star.
Non era neppure lecito sapere le età dei membri più anziani ma solo indovinarla, un po’ come i membri ottuagenari del politburo sovietico o vietnamita. Ma per poco. Già nel 2010 scoppiò il primo bubbone.
La Dick Clark cercò di prolungare il contratto con la NBC, mentre la HFPA avrebbe voluto vendere i diritti in un’asta tra le varie reti. Ma il contratto secondo la Dick Clark era perpetuo e il tribunale diede ragione alla rete televisiva. Quattro anni dopo sembrò finire tutto a tarallucci e vino, ma con spese di legali nelle otto cifre per una causa persa, ed i Globes dovettero ricorrere ed un primo salvataggio. Da quel momento gli scandali e i problemi si succedettero con cadenza annuale, culminando nella perdita del primo protettore dei Globes Harvey Weinstein (le cui tendenze erano ben note nell’associazione che fece finta di nulla, e ne uscì indenne per l’ennesima volta).
Ma nel 2020 lo “scandalo dell’anno” assunse una dimensione nuova. In piena pandemia, e dunque impossibilitata ad usare l’apparato di pubbliche relazioni a sua disposizione, la HFPA fu portata in tribunale da una giornalista norvegese e l’accusa, questa volta (le causa di ex dipendenti o terzi scornati erano quasi una routine), fu pesante: violazione delle norme anti trust, attraverso la creazione di un cartello per monopolizzare i contenuti giornalistici di Hollywood a favore dei membri. Alla fine la HFPA vinse anche quella volta, perché non vi era abbastanza “interesse pubblico” alle attività della associazione (il tribunale sentenziò che premiare film o fare gossip non costituivano attività economica secondo le leggi anti trust alla faccia di chi ci campa a Hollywood).
La pandemia e soprattutto Black Lives Matter avevano ormai contagiato i Globes, operandone la distruzione finale. Il Los Angeles Times scoprì che non vi erano membri neri: non sorprendente, visto che giornalisti di testate africane o caribiche per cui scrivere di cinema che si possano permettere di vivere a L.A., non ve ne sono mai stati, e giornalisti inglesi e canadesi neri informalmente invitati dissero che preferivano stare a casa propria.
Un ex presidente della associazione sudafricano (bianco), ancora convinto di essere protetto dagli studios disse che Black Lives Matter era una associazione a delinquere (in realtà per alcuni era una associazione per sbarcare il lunario, visto che una delle fondatrici da “attivista arrabbiata” finì a fare la produttrice per gli studios, secondo il motto tutto americano if you can’t beat them, join them) e fu allontanato con altri membri che fecero commenti poco politicamente corretti (ma veri, come quello sui membri africani introvabili e sul fatto che per definizione non si potessero invitare neri americani non essendo foreign), e persino un consulente di diversità si dimise non sapendo come raccapezzarsi.
Alla fine, come sempre a Hollywood, pecunia non olet e fa miracoli.
Nel 2021 il fondo Eldridge, entra a gamba tesa: prima risparmia una manciata di milioni dicendosi d’accordo a punire la HFPA e a non trasmettere la diretta (che sarebbe andata in perdita), poi in sordina comincia a smontare l’associazione annunciando, dopo i premi del 2023 (andati bene in confronto agli ascolti della pandemia, ma lontanissimi dagli anni 2000), una riforma per “trasparenza e diversità” facendo diventare i Globes un business come lo sono decine di avvenimenti sportivi e di spettacolo americani.
Certo che se i Globes diventeranno come gli Emmy, gli MTV awards, i Tony e decine di altri spettacoli autocelebrativi di Hollywood come sopravviveranno senza nessuna controversia, senza nessuno scandalo, litigi interni e cause legali e, soprattutto, senza il puntualissimo articolo di un trade o di una testata nazionale di prestigio, che li definisce una bizzarra assurdità di Hollywood ed una accozzaglia di dilettanti allo sbaraglio, per poi decantare le star vincitrici il lunedi mattina che segue i premi?
Nessun fondo d’investimento potrà mai fare tale miracolo. Al massimo diventeranno una noiosa macchina da soldi.