American Psyco(tic)

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Sebbene i trades facciano finta di nulla, dando notizie sulle nomination degli Oscar (che per la prima volta ammetteranno i film in streaming e sono ottimisticamente posticipati all’Aprile 2021) su quali film dovrebbero essere commedie e quali drammatici nelle candidature dei Golden Globes, e sebbene persino i problemi, che meno di un anno fa sembravano insormontabili sulla divisione degli annosi packaging fee tra agenti e scrittori, siano stati risolti brillantemente, a chi sia attentissimo a quello che succede a Hollywood non sfuggono “piccoli” particolari.

I set televisivi e cinematografici sono tra i luoghi più infetti da Covid-19 a Los Angeles, ma naturalmente lo show deve continuare, quindi nessuno ha chiuso nulla, e la quarantena per i viaggiatori esiste solo sulla carta (non è infatti possibile imporre di dare i contatti personali per il tracciamento in aeroporto, salvo che in base ad una legge federale di quarantena, che mai è passata o passerà).

Vige così un lockdown sulla parola. Si “consiglia” di non spostarsi e di rimanere a casa: nessuno ha ancora capito da dove vengano allora le centinaia di contagi nei grandi magazzini apertissimi (e dove ci sono saldi in continuazione da novembre), in dozzine di ristoranti (anche se funziona solo l'asporto), e persino nelle concessionarie d’auto di lusso.

Forse dal fatto che nessuna autorità fa valere nessuna legge, ordinanza o “consiglio”, perché la polizia in USA per far rispettare una legge si basa su tre principi: te lo chiedo una volta se sono di buon umore e non è una cosa particolarmente grave; poi ti arresto e infine, se sono in un quartiere pericoloso e non ubbidisci, ti sparo.

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Ed il mancato enforcement non è però derivato dalla paura di disordini, o dalla mancanza di poliziotti (a Beverly Hills mai si è smesso di dare le multe per non aver attraversato sulle strisce pedonali), ma dalla paura di class actions da parte di vittime di maltrattamenti - “solo perché non aveva una mascherina”- che farebbero fallire anche i comuni più ricchi.

Da qui un generalizzato “liberi tutti” nei fatti: set aperti a singhiozzo, ma che lavorano; party per capodanno bloccati a downtown Los Angeles, ma allegramente conclusi alle sei di mattina nelle Hills.

Tanto, finché il Cedars-Sinai - l’ospedale delle celebrities - tiene e accetta i wannabe che rifiutano di assicurarsi a meno di 40 dollari al mese (costo dell’assicurazione medica per un trentenne in California, sponsorizzata dallo Stato) perché “se mi ammalo vado al pronto soccorso e poi non pago il conto”, e ci sono corridoi da riempire stile Bergamo 2020 negli ospedali della contea nei ghetti, avanti tutta!

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Washington 2021 e Caracas 2017: chi sa distinguere?

Tanto “avanti tutta” che il Covid è passato completamente in secondo piano dopo l’assalto al Congresso a Washington.

Una scena da film catastrofico/golpe straccione sudamericano, che neppure Steven Spielberg avrebbe potuto concepire e filmare on location per una pellicola da Oscar.
Il problema è che è tutto vero.

Tutto ciò mentre i politici conservatori si interrogano smarriti. La California democratica gongola alla prospettiva di un impeachment destinato a fallire perché comunque mancano i voti, e dimentica di aver vaccinato contro il Covid meno dell’Italia del dicembre 2020 (nell’altro bastione, New York, centinaia di dosi di vaccino sono andate buttate per il rifiuto di lavoratori essenziali di idee conservatrici - pompieri e addetti alle ambulanze - a vaccinarsi).

E nessuno si accorge che l’America tutta, da Hollywood al più sperduto villaggio del Tennessee, è in preda ad una psicosi ancora più grave del Covid: l’incapacità di guardarsi nello specchio e di vedersi malata (ma forse ancora guaribile), perché gli specchi sono scomparsi.

Speriamo di non dover fare la cronaca della scomparsa di tutto il resto.