Disaster Movie

Tre mesi. Tre mesi di Pandemia, seguiti da disordini come non se ne vedevano da 25 anni. Hollywood è scioccata, smarrita e inebetita. Come nel primo quarto d’ora di un film catastrofico, quando tutto cade a pezzi, gli eroi ancora non si vedono e la fine del mondo sembra vicina. Il lockdown scattato in California il 18 Marzo ha letteralmente cancellato l’industria televisiva e quella cinematografica.

Nessuna produzione, nessun lancio di film, nessuna premiere. Nulla. I manager si sono ritirati in casa, e si sono consolati dalla mancanza di mega uffici negli studios o a Beverly Hills, facendosi riprendere in uffici casalinghi. Prima piuttosto spartani se non inesistenti, creati alla meno peggio in camere da letto o soggiorni con bambini in sottofondo.

Poi, quando si è capito che le cose non sarebbero cambiate presto, ecco suntuose scrivanie, computer con monitor multipli super moderni, librerie degne di un bibliofilo e cuffie stereo per le telefonate. Inspiegabilmente molti si sono però ostinati a vestirsi come se fossero appena scesi dal letto.

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Nel frattempo, i potentissimi sindacati di attori, scrittori e registi si sono ingegnati per sostenere i loro iscritti: 95 e più percento di loro ha preso il sussidio una tantum federale, ma molti, essendo freelance senza una società, non hanno potuto approfittare dei 2400 dollari al mese di supplemento di sussidio di disoccupazione, oltre fino a 500 dollari alla settimana circa dello stato della California.

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Molti dei wannabe (aspiranti con lavoretti precari) si sono letteralmente vaporizzati, come le vittime di un disaster movie, tornati nelle pianure del midwest, o nell’umidità del Sud senza una data di ritorno.

Altri si sono aggiustati alla meno peggio. Dalle consegne di pasti (con la concorrenza di Uber), a cucire mascherine (improvvisamente diventate utili dopo che il locale Ministero della Salute ne ha fatto scorta), per arrivare a fare i tracer, le persone specializzate nel rintracciare i contatti di chi si ritrova infetto.

Nel frattempo Disney ha lanciato il suo servizio di streaming (poco seguito) e Disneyland rimane chiuso, Apple TV ha continuato a rubare spazio (ma poco) a Amazon e Netflix, e quest’ultimo è uscito come il vero vincitore della pandemia.

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Cancellata Cannes. Ma gli organizzatori, quasi due settimane dopo la data della premiazione che segna la fine della Award Season, o l’inizio di quella nuova (secondo i punti di vista), hanno reso noto quali film avrebbero partecipato. Di French Dispatch nessuno si è stupito, mentre Steve McQueen ( regista del premiato 12 anni schiavo) con Lovers Rock e Mangrove non mancherà di far parlare.
Italia inesistente, come al solito (persino il Libano ha due film in concorso), mentre la Corea del Sud si conferma capace di andare oltre Bon Jong-Ho con Heaven.

Eppure il disastro non era ancora arrivato. Paradossalmente appena Hollywood ha pensato che sarebbe uscita dal tunnel, tutto è precipitato. Il weekend della prima apertura dei locali pubblici ha visto l’esplosione dei disordini dopo la morte di George Floyd a Minneapolis, la distruzione dei pochi business che avevano aperto il giorno prima, la Guardia Nazionale a Hollywood (chiamata dal Governatore dopo il rifiuto del sindaco di L.A. che ha maldestramente cercato di cavalcare la protesta). Il quasi sicuro fallimento della più grande catena di cinema in USA, ha portato la seconda (basata in Canada) ha adottato un complesso meccanismo anti acquisizione.

Finiti i disordini, Hollywood che pensava di essere super politicamente corretta, ha sbattuto contro una nuova realtà:
Non lo è! bandito Via Col Vento (poi graziato da un disclaimer “Attenzione: film negazionista”), ed è solo l’inizio.

Disneyland non riaprirà, ed il primo red carpet per Any given Wednesday della Warner, tutt’altro che un mercoledì qualsiasi essendo il giorno con il numero record di infezioni Covid dall’inizio della pandemia, è stato un bizzarro tentativo di coniugare mascherine e cinema all’aperto, che riflette il triste scenario di un’estate senza lanci di film salvo che in streaming.
Tutt’altro che una bella prospettiva per i Golden Globes e gli Oscar posticipati di due mesi sulla loro data normale, con pochi che scommetterebbero in un mondo senza Covid per allora.

Ma mentre questo tragico film continua, we will always have Venice. Lo show sulla laguna è regolarmente programmato per fine agosto (Toronto, che la segue nel calendario, sarà virtuale): incrociamo le dita, e speriamo che gli eroi appaiano presto a salvarci da immani catastrofi.