I Don't Grammy, I Make Movies Seen
Forse non è proprio attinente al cinema, ma ecco (sempre alle 5 di mattina per gli indici di ascolto della East Coast) l’annuncio dei candidati ai Grammy Awards 2019, il premio della Recording Academy per la musica (anche classica e bluegrass, ma chiaramente chi fa notizia sono pop, hiphop e country).
Quest’anno per “diversificare” (e, purtroppo, creare sempre più un canyon tra l’America delle due coste e delle grandi città e quella dell’interno e delle campagne) molte categorie sono state ampliate nel numero di candidati, ben otto per la canzone dell’anno: come si raccapezzeranno i giurati? Non hanno, come nel cinema, la guida di un altro award poche settimane prima, come è per gli Oscar preceduti dai Golden Globes.
Poi, sono stati messi da parte i grandi nomi. Taylor Swift, che ha venduto più copie di qualsiasi altro candidato, non è candidata come disco dell’anno (la critica ha, va detto, espresso perplessità sul disco Reputation), né lo è Ariana Grande (troppo “brava ragazza”? Forse i membri della Recording Academy non sanno del rapper-skateboardista bianco Mac Miller, supposto eroinomane, suo ex, morto di overdose qualche settimana fa); e neppure Beyoncé con Jay-Z, (troppo iconici e troppo “cross-cultural”?), come trascurata è la bravissima Camilla Cabello, che ha portato canzoni latine direttamente nella mainstream del pop (è latina, ma cubana di origine spagnola, che sia quello il problema?)
Ma, quello che salta all’occhio di chi si occupa di cinema è il numero di canzoni parte delle colonne sonore di film, dove i front runners sono È nata una stella, che porta Shallow di Lady Gaga, (canzone dell’anno, non semplicemente colonna sonora), e Black Panther (All the Stars candidata come canzone dell’anno, disco dell’anno e l’album dell’anno, oltre che migliore colonna sonora): Kevin Lamar è chiaramente il favorito dell’Academy.
Accanto a questo non sorprende la prevalenza del genere “urban,” con hip hop e rap ormai diventati mainstream, pur non essendo seguiti dalla maggioranza dell’America; il rock viene relegato al livello del “traditional pop”.
Eppure, basta andare nei locali di Las Vegas, luogo del vizio “programmato” (gli americani hanno bisogno di essere organizzati su tutto, anche il vizio), per realizzare che l’hip hop è ancora “ethnic” in America, anche se a New York, L.A. e Miami è più diffuso di qualsiasi altro genere musicale.
Eppure la musica urban, la fa da padrone dovunque il country non sia prevalente come più scaricata ( e comunque batte il country nei download, ma non sulle radio), il pop diventa comparsa nonostante il successo commerciale prevalente, ed il rock ormai risulta relegato a nomi per pochi, un po’ come il traditional pop che sarebbe meglio chiamare “pop per chi riceve le notizia dal telegiornale sui canali televisivi in chiaro tipo CBS e parla delle pubblicità di medicine.”
Per quanti pensano che quest’anno gli Emmy non siano “diversificati” (codice per “maggiori minoranze”, perchè la diversificazione di genere non conta nelle candidature, e le donne si avvicinano alla maggioranza nei premi mainstream) perchè si ci è limitati ad aggiungere e non sostituire, osservo che la sostituzione è già avvenuta.
L’America dei centri urbani multietnici ha deciso che il futuro è nella musica multietnica.
Le cifre commerciali dicono l’opposto, e all’America Profonda è rimasto un grande attore diventato ottimo regista (Bradley Cooper) che è tutto fuori che conservatore, a portare un vessillo culturale sempre più irriconoscibile per chi vive nell’Heartland.
Per chi tifo? Sicuramente Bradley Cooper e Lady Gaga, Post Malone nel rap (Cardi B, nonostante l’aver parafrasato il testo di una sua canzone nel titolo, mi fa un po’ ribrezzo con il passato da spogliarellista nel Bronx che lei chiama “positivo”), Camila Cabello (ho vissuto un mese a Miami da studente con una famiglia che viveva di fronte al suo liceo!) nel pop e Arctic Monkeys per il rock ricercati nello stile British, a differenza dei loro colleghi USA, spesso poco innovativi e ancora ancorati a icone come i Nirvana, anche nelle loro vite spezzate come Chris Cornell.